"RESIZE RATS" (2008) - Charles Burns

martedì 14 maggio 2013

Explosion In The Sky


Genere: Post Rock Strumentale


  




Il giorno in cui si sono formati (4 luglio 1999) gli Explosions in the Sky non potevano prevedere che il loro nome sarebbe diventato una macabra profezia. E quando hanno perfino riportato sulle pagine interne della copertina del loro album l’immagine di un aereo con la scritta “This plane will crash tomorrow” non potevano neanche immaginare quello che sarebbe successo quache mese dopo. In ogni caso, di fronte a questo quartetto texano, non bisogna fermarsi al nome. Ciò che conta, infatti, è la qualità della loro musica. Una musica epica e viva, riflessiva e selvaggia al tempo stesso.
Dopo l'esordio, avvenuto con How Strange Innocence nel 2000, i nostri nel 2001 hanno pubblicato Those Who Tell the Truth Shall Die, Those Who Tell the Truth Shall Live Forever, un album sorprendente, perché riesce a spaziare tra generi diversi senza assorbirne i cliché, ma arricchendoli, al contrario, con una buona dose d’inventiva e di improvvisazione. Michael James al basso, Munaf Rayani e Mark Smith alle chitarre, Chris Hrasky alla batteria (tutti di Midland, Texas, tranne Hrasky, originario dell’Illinois) sanno creare un’atmosfera surreale, che combina melodie e paesaggi sonori trasognati con strati di denso noise-rock al limite della cacofonia. Il terreno da cui prendono le mosse sembra essere soprattutto l’anarchia strumentale di Godspeed You! Black Emperor, ma è solo un punto di partenza. La loro è una combinazione mirata tra spontaneità punk e cerebralismo post-rock, una fusione dosata di malinconia ed energia. I toni languidi e dimessi sono solo un pretesto per far cadere l’ascoltatore in uno stato di trance dal quale ridestarlo improvvisamente con le cadenze ossessive della batteria e l’andamento serrato delle chitarre. “Dal silenzio totale alla violenza totale”, è il motto dichiarato della band. L’overture di "Greet Death inizia con 50 secondi di semplici fluttuazioni sonore, che fanno da preludio a una sequenza di riff incalzanti, in una progressione che è insieme epica e trascinante. "Yasmin the Light" simula un battito cardiaco, in una sorta di ninnananna, accompagnata dal suono ora quieto ora più serrato delle chitarre. Anche "Have You Passed Through This Night?" parte piano, con suoni aperti e distesi, che sembrano quasi evocare le distese sconfinate del Texas, prima di immergersi in un mare di chitarre abrasive e lancinanti. E sono proprio queste esplosioni che rendono la musica degli Explosions in the Sky così drammatica ed emozionante. Esplosioni rese grazie a un chitarrismo raffinato, emulo di maestri come Joe Satriani e Robert Fripp, a cui si abbina a una sezione ritmica marziale e poderosa. E’ un impasto sonoro di grande impatto emotivo che sembra già possedere un grande affiatamento: “Abbiamo suonato la prima volta insieme nell’aprile del 1999 - raccontano i quattro -. E qualcosa ci è parso chiaro e giusto già da quella notte”. Qualcosa che non dev’essere sfuggito neanche a Kat Candler, che ha voluto la musica degli Explosions in the Sky per il suo film “Cicadas”: “Vidi il gruppo dal vivo qualche tempo fa — racconta Candler -. E furono davvero stupefacenti, quasi commoventi per l’intensità che traspariva dalla loro musica. Li ho pregati di comporre la colonna sonora per il mio film e il risultato è stato ancora una volta meraviglioso”.

C’è in effetti qualcosa di romanticamente impetuoso, nella musica del gruppo texano, una sorta di cupa tempesta d’emozioni che sprizza fuori dalle note. Insomma, la stoffa c’è. E anche il successivo, pur discontinuo, The Earth Is Not A Cold Dead Place (2003) lo conferma, con le sue raffinate tessiture armoniche, che non si limitano alla consueta alternanza tra momenti di quiete e autentiche esplosioni sonore, ma si svolgono con gradualità intorno a un sottile ordito strumentale. Per il seguito di The Earth Is Not A Cold Dead Place ci vogliono ben quattro anni, nel corso dei quali la band resta però per nulla inerte, sviluppando gli aspetti più pacati e descrittivi della sua arte prima nella colonna sonora Friday Night Lights (2004) e poi nel mini The Rescue (2005).
Benché da queste opere sembrasse evincersi come l’attenzione della band si stesse in prevalenza concentrando sulla cura dei momenti di lenta costruzione della tensione emotiva che non su quelli di impetuosa e talora violenta liberazione della stessa, il successivo All Of A Sudden I Miss Everyone (2007) restituisce almeno in parte gli Explosions In The Sky alla consueta e ben sperimentata coesistenza tra un’immediatezza d’impatto, a tratti anche piuttosto ruvida, e un’emotività tanto sottile da apparire persino repressa. Fin dall’incipit ad effetto di “The Birth And Death Of The Day”, si capisce però come non vi sia alcuna rinuncia al caratteristico impeto emotivo in favore di una più compunta stratificazione strumentale: squarci di chitarra e ritmiche austere, trame liquide e asperità affioranti caratterizzano i poco oltre quaranta minuti di un album quasi tutto giocato sulla graduale costruzione di una tensione latente, inframezzata da crescendo lenti ma quasi mai risolutivi di composizioni complesse, i cui apici emotivi talvolta addirittura anticipano quei passaggi più morbidi che si è invece solitamente abituati a veder sopraffatti dalla furia delle chitarre. La compresenza e l’intersezione tra impeto a tratti pronunciato e armonie impalpabili rappresentano il punto focale della maggior parte dei brani di All Of A Sudden I Miss Everyone, fedelmente rispondenti ai canoni del genere, che vengono tutt’al più soltanto rimescolati restituendo però quasi sempre un risultato conosciuto, curato fino all’eccesso ma, forse proprio per questo, non del tutto efficace. Meglio allora la lenta evoluzione che si scorge nei due brani dalla durata inferiore ai cinque minuti, caratterizzati da una linearità di gran lunga preponderante sui complessi movimenti del resto dell’album, ovvero “What Do You Go Home To?” e “So Long, Lonesome”, ove le atmosfere si fanno decisamente rarefatte, mentre la tensione resta latente senza essere mai del tutto liberata (“What Do You Go Home To?”), oppure viene fin dall’inizio dissolta attraverso note di pianoforte di inconsueta serenità, pur culminanti in un accenno di moderata e quasi doverosa impennata finale (“So Long, Lonesome”). Poiché l’esplosività ritmica e chitarristica rischia ormai di diventare uno stereotipo del genere, quale elemento saliente e pienamente apprezzabile in alcuni brani di questo lavoro, permane soprattutto il lavorio strumentale sommesso e ponderato, attraverso il quale la band texana riesce a declinare le sue potenzialità emotive secondo una meno convenzionale formula piana, priva di sensibili scossoni, eppure più efficace dei residui crescendo e nelle ripetitive detonazioni fragorose.
Passano altri quattro anni, ma poco cambia nella formula della band texana: Take Care, Take Care, Take Care (2011) ne ripropone tutti i tratti salienti, sotto forma di composizioni lunghe, in graduale evoluzione, e di una precisione esecutiva talmente certosina da rasentare sfoggi di abilità tecnica che, tuttavia, non inficiano più di tanto le suggestioni che questo tipo di musica è sempre stato inteso a suscitare. Nelle pieghe delle sei tracce dell'album, si rivelano però, accanto a numerose miniature di pregevole artigianato strumentale, esili interstizi tra fraseggi chitarristici e asciutte cadenze ritmiche, riempiti da silenti partiture ambientali e, per la prima volta, completati da vocalizzi eterei e distanti, in qualche misura assimilabili a quelli introdotti dai concittadini Balmorhea nei brani più legati all'asprezza selvaggia dei loro territori d'origine. Ulteriore dettaglio di parziale discontinuità col passato può essere individuato nelle tonalità leggermente più compassate e, in qualche caso, acide delle composizioni, che denotano come nella loro maturità artistica gli Explosions In The Sky prediligano, di tutta evidenza, intessere trame armoniche composite ma dal contenuto serenamente descrittivo che non puntare su infinite repliche di detonazioni roboanti che, pure, nel corso dell'album non sono del tutto assenti.
Nel complesso, comunque, tali elementi non bastano a superare il diffuso senso di standardizzazione, che fa di Take Care, Take Care, Take Care qualcosa di molto simile proprio a una raccolta di standard, un po' come se il post-rock più classico fosse diventato assimilabile al jazz e persino alcuni tra i suoi alfieri primigeni avessero deposto le speranze di rifuggire dagli angusti recessi del genere per concentrarsi quasi esclusivamente sugli aspetti formali della loro musica.

(Fonte:ondarock.it)



How Strange, Innocence (2000)

 
01 - Song For Our Fathers
02 - Snow And Lights
03 - Magic Hours
04 - Look Into The Air
05 - Glittering Blackness
06 - Time Stops
07 - Remember Me As A Time Of Day




Those Who Tell the Truth Shall Die/
Those Who Tell the Truth Shall Live Forever (2001)

 
01 - Greet Death
02 - Yasmin The Light
03 - Moon Is Down
04 - Have You Passed Through This Night
05 - Poor Man's Memory
06 - With Tired Eyes, Tired Minds, Tired Souls, We Slept




The Earth is Not a Cold Dead Place (2003)


01 - First Breath After Coma
02 - The Only Moment We Were Alone
03 - Six Days At The Bottom Of The Ocean
04 - Memorial
05 - Your Hand In Mine



Friday Night Lights (2004)



01 - From West Texas
02 - Your Hand In Mine (W_Strings)
03 - Our Last Days As Children
04 - An Ugly Fact Of Life
05 - Home
06 - Sonho Dourado
07 - To West Texas
08 - Your Hand In Mine (Goodbye)
09 - Inside It All Feels The Same
10 - Do You Ever Feel Cursed
11 - Lonely Train
12 - The Sky Above, The Field Below
13 - A Slow Dance





The Rescue (2005)


01 - Day One
02 - Day Two
03 - Day Three
04 - Day Four
05 - Day Five
06 - Day Six
07 - Day Seven
08 - Day Eight




All of a Sudden I Miss Everyone (2007)


01 - The Birth And Death Of The Day
02 - Welcome, Ghosts
03 - It's Natural To Be Afraid
04 - What Do You Go Home To
05 - Catastrophe And The Cure
06 - So Long, Lonesome




Take Care, Take Care, Take Care (2011)


01 - Last Known Surroundings
02 - Human Qualities
03 - Trembling Hands
04 - Be Comfortable, Creature
05 - Postcard From 1952
06 - Let Me Back In





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